Di Christian Cantelli Podestà / 7349 visualizzato/ STORIE

 Etica come arte.

Per un idealismo postmoderno

 

La prima domanda che può sorgere – che è d’altronde la prima domanda dell’estetica stessa, oltreché della filosofia – di fronte alle opere neopostidealistiche è: “che cos’è”? Manifesto artistico, ma anche estetico-filosofico, pamphlet etico, oppure opera d’arte, performance d’autore? Oppure entrambe le cose al tempo stesso, nuova forma estetica d’arte, oggetto artistico che spiega se stesso e con ciò reinterpreta tutta la categoria ideale a cui appartiene. Osservandolo, e non semplicemente leggendolo, si ha la sensazione indecifrabile di un oggetto osmotico, in cui arte e filosofia, sensibile e intelligibile, riflessione e performance, opera e interpretazione finiscono per coincidere e confondersi quasi a sfiorare l’ideale romantico di Gesamtkunstwerk1, in sintonia con quell’aspirazione alla totalità che attraversa tutta l’opera neopostidealistica. Con ciò stesso ogni opera pone in gioco e lascia aperte, a partire da se stessa, alcune questioni fondamentali dell’estetica contemporanea, ovvero: l’opera può contenere esplicitamente al proprio interno la sua stessa interpretazione o deve limitarsi a suscitarla nel suo fruitore? Qual è il ruolo e la possibilità attuale di un’avanguardia in campo estetico-artistico? Quali sono le possibilità di sviluppo e lo statuto estetico dell’arte contemporanea? Che cos’è, in definitiva, un’opera d’arte e qual è il confine tra arte e filosofia?

Il nome stesso indica la propria posizione – neopostidealismo – lascia, almeno in una delle interpretazioni possibili, un segnale preciso in questo senso: il superamento e la consumazione dei residui impuri di sensibilità nella verità pura dell’idea e della Spirito – la “morte dell’arte” nella lettura crociana – apre le porte all’arte concettuale e, in un’ulteriore décalage, all’ideale di arte etico-metafisica come rinnovamento e prosecuzione in corpore e sui generis dell’estetica hegeliana.

Un altro senso possibile del neopostidealismo è quello della rivendicazione di una prospettiva ideale, e dunque di un’attitudine profondamente “idealista”, di fronte al reale, che si fa sforzo di comprensione essenziale, impegno etico e creazione estetica a un tempo. In questo senso, si tratta di indagare se e come sia possibile essere di nuovo idealisti nell’era del post, ovvero come sia possibile un idealismo postmoderno. Nel fare questo, si cerca di raccogliere e attualizzare l’invocazione heideggeriana al passaggio radicale dall’esistentivo all’esistenziale e dall’ontico2 all’ontologico3 come passaggio alla dimensione essenziale, e perciò autentica, dell’esistente. In questo senso, sembra mirare come approdo alla dimensione esemplarmente ontologica in cui le determinazioni personali del soggetto – che cessa di essere un esser-ci per divenire un semplice e nudo essere-qui – si raccolgono e si dissolvono nella presenza assoluta di un puro essere. Questo progetto di una filosofia del puro “è”, si chiama essisimo, si declina in un progetto estetico - nel duplice senso di percettologico e artistico – che mette capo a una vasta analisi della percezione di questo puro essere attraverso la complessità sensoriale in una prospettiva non dualistica e fusionale in cui soggetto e oggetto, percipiente e percepito cessano di essere contrapposti e separati.

Interrogando e mettendo direttamente in gioco, attraverso le parti iconiche del volume, il sistema della comunicazione contemporanea come gioco infinito dei significanti e deriva semiotica, si cerca di creare, o piuttosto di mettere in evidenza, quel corto circuito fra significanti e significati che è in grado di rivelare i meccanismi di potere e condizionamento sociale che si nascondono nella comunicazione di massa. Giochi e provocazioni linguisitche, pastiches ironici e paradossi logico-percettivi costruiscono progressivamente una denuncia organica compiuta attraverso lo strumento della rappresentazione stessa – e che diviene dunque un’autodenuncia - del sistema sociale e comunicativo. Il trionfo di una comunicazione numerica e fortemente matematizzata cui oggi si assiste rivelerebbe – collocandosi in questo senso in un filone preciso della Kulturkritik – una caduta nel regno della quantità come segno dei tempi. Se la matematizzazione della comunicazione rivela la mercificazione dei rapporti e la riduzione della differenza a quantità, le “imposizioni speculative” non fanno che manifestare e nascondere delle “speculazioni imposte”. Il mondo della comunicazione virtuale e dello sviluppo dei media sembra un ostacolo ontologico alla possibilità di quella nuova consapevolezza etica ed estetica cui mira il progetto – a differenza di quanto era sembrato, ad esempio, a Couliano o a Zolla alla fine della loro riflessione.

Tuttavia , coscienti dell’impossibilità di sottrarsi se non obliquamente allo Zeitgeist4 in cui ci si trova immersi, si assume e al tempo stesso si svuota, rivelandolo a se stesso, questo meccanismo comunicativo, nel tentativo di volgerlo altrimenti. Se l’assunzione del modello matematico-scientifico comporta l’affermazione di una hybris interpretativa e di un atteggiamento violento di comprensione e di relazione col mondo, che tende a uno sviluppo materialistico e a un annullamento dell’interiorità nelle proiezioni della merce, il paradigma matematico può tuttavia essere assunto e interpretato in una direzione completamente diversa. Nella prospettiva platonica e soprattutto neoplatonica del modello matematico come strumento di comprensione metafisica e chiave spirituale del mondo, con echi che vanno dal taoismo alla qabbala, anima e numero, matematica e intuizione cessano di apparire contrapposti come risultano invece in quel paradigma ermeneutico-heideggeriano che in diversi luoghi trova evocazione. La formazione medica dell’autore – che potrebbe correre il rischio dell’assunzione di un paradigma biologico-scientifico passibile di ricadere in quella percezione dualistica e oggettivante e dunque materialistica e violenta del mondo che viene stigmatizzata – trova una via nell’ibridazione del modello razionale scientifico con quello intuitivo artistico, in direzione di una comprensione profonda degli aspetti emozionali, etici e spirituali.

Questa prospettiva culmina in quella che si chiama arte etica. A partire dall’idea che l’affettività e le emozioni siano una fonte primaria del comportamento etico insieme con la coscienza razionale - che se staccata dall’affettività può offuscare la coscienza morale sino a divenire immoralismo - la sensibilità e l’intuizione artistica, e dunque armonica, appaiono come fonte imprescindibile di una comprensione e un’interazione etica autentica col mondo, nella convinzione, come per Wittgenstein, che “etica ed estetica sono tutt’uno”. Ad una matematizzazione dell’etica, dalle ascendenze vagamente spinoziane e wittgensteiniane, si congiunge un’emozionalizzazione dell’etica stessa, nella convinzione che il comportamento morale efficace risieda in un’interazione armonica fra istanza razionale ed affettiva.

Questo progetto, che costituisce il cuore del pensiero Neo-Post-Idealistico, appare in un foisonnement di intuizioni, stimoli e spunti, che potranno essere sviluppati in opere successive o che lo sono già stati in quelle passate, tra slanci poetici e ironici, ellissi ermetiche e istanze apocalittiche irriducibili a ogni integrazione, persuasioni matematiche e mozioni degli affetti, nella costruzione di un opus magnum che attraversa coraggiosamente e anche avventurosamente territori e ambiti disciplinari diversi nel tentativo di ritrovare l’unità di un gesto che vorrebbe avere quella semplice bellezza che, come per gli antichi, è giustizia e verità insieme.

 

 

Guido Brivio di Bestagno svolge la sua attività di insegnamento e ricerca presso l'Università di Torino. Oltre a vari saggi, traduzioni e interventi all'incrocio tra estetica e filosofia della religione ha pubblicato

La caduta di Narciso. Sade, Nietzsche nello specchio di Pierre Klossowski (Bologna, Pendragon, 2000),

Paradoxa Aphroditae. Le origini antiche della duplice dea e l'amor platonico (Genova, Il Melangolo)

 

 

1 Concezione dell´opera d´arte come compendio di tutte le arti, espressa da Otto Wagner, realizzata da Gaudì in Spagna, da Klimt in Austria dove si esprime nell´ambito della Secessione per il tramite delle scuole d´arti applicate come la Kunstgewerbeschule di Vienna ed è resa operativa nei laboratori Wiener Werkstätte [n.d.r.].

 

2 Ontico significa relativo all'esistenza concreta, attuale, empirica, di una certa cosa. Ontico si riferisce quindi all'oggetto "in ciò che è per come è" [n.d.r.].

3 L'ontologia, una delle branche fondamentali della filosofia, è lo studio dell'essere in quanto tale, nonché delle sue categorie fondamentali [n.d.r.].

4 Zeitgeist (spirito del tempo in lingua tedesca) è un'espressione adottata nell'Ottocento che indica la tendenza culturale predominante in una determinata epoca [n.d.r.]..